Diritti Donne,  Giurisprudenza

Aborto e diritti delle donne: il caso Polonia dopo la pronuncia della Corte Costituzionale

Migliaia di persone sono scese in piazza negli ultimi mesi del 2020 per protestare contro la recente pronuncia della Corte Costituzionale polacca in materia di aborto che ha sancito il principio in base al quale viene vietata l’interruzione di gravidanza in caso di gravi malformazioni genetiche del feto.

La presidente della Corte costituzionale polacca Julia Przylebska – nel motivare la sentenza che limita ulteriormente l’accesso all’aborto in Polonia – ha parlato di «pratiche eugenetiche».

Si ricorda che la Polonia presenta già una delle leggi più restrittive e limitative in Europa e che la sentenza in questione è arrivata in risposta ad una mozione che sosteneva come l’interruzione di una gravidanza a causa di difetti fetali violasse la disposizione della Costituzione polacca posta a presidio della vita di ogni individuo.

Nel mirino dei conservatori e tradizionalisti vi è una legge introdotta nel 1993, conquistata con grandi difficoltà dai movimenti femminili, che consente l’aborto quando una gravidanza può mettere in pericolo la salute o la vita di una donna, o è il risultato di uno stupro o di altri atti illegali, oltre al caso di gravi malformazioni genetiche del feto.

In Polonia l’effetto di tale pronuncia è dirompente in considerazione del fatto che il 98% circa degli aborti risulta praticato per gravi malformazioni del feto e ciò significa di fatto un divieto totale all’interruzione di gravidanza.

L’aborto sarà consentito, pertanto, solo in caso di stupro o incesto oppure se la salute della madre è gravemente in pericolo.

I movimenti internazionali per i diritti umani si sono fermamente contrapposti alla posizione del governo, con Amnesty International, il Centro per i diritti riproduttivi e Human Rights Watch che hanno scritto in un comunicato congiunto: “Il pronunciamento del Tribunale costituzionale arriva nel contesto di ripetuti attacchi del governo ai diritti delle donne, così come i cambiamenti legali e politici che hanno minato l’indipendenza della magistratura e lo stato di diritto in Polonia“.

La Polonia ha già tra le leggi più restrittive in Europa in materia di interruzione di gravidanza e questa pronuncia sancisce una posizione netta in materia, limitando di fatto e in modo sempre più radicale un pieno diritto della donna.

Allo stato attuale l’aborto in Polonia era permesso solo in tre casi: se sussiste un rischio per la vita della madre, in caso di gravi e irreversibili malformazioni del feto e se la gravidanza è frutto di violenza o incesto (che però devono essere confermati da un pubblico ministero). La legge che vorrebbe introdurre il governo – fortemente sostenuta tra l’altro dalla Chiesa episcopale – prevede che l’aborto diventi legale solo se è in pericolo la vita della madre. Per le donne che decideranno di abortire illegalmente sono previsti fino a cinque anni di carcere (contro gli attuali due). Stesso trattamento per i medici che lo praticano.

Vieppiù, potrebbero essere indagate anche le donne che hanno un aborto spontaneo: un giudice dovrà verificare se si tratti effettivamente di un «incidente» o di un’interruzione «deliberata». 

Per le associazioni e i movimenti di difesa dei diritti delle donne si tratterebbe di un invito all’aborto clandestino che già ad oggi si stimano di gran lunga più numerosi di quelli legali.

Le donne polacche non ci stanno a vedere calpestati i propri diritti e coraggiosamente lo hanno dimostrato. La strada sarà lunga ma il cammino è iniziato.